Gli strumenti di fidelizzazione previsti dal legislatore e dalla prassi sono:
- il patto di stabilità;
- il patto di non concorrenza (il tema è stato affrontato di recente nell’articolo Patto di non concorrenza: cos’è e come funziona;
- il divieto di storno;
- il patto di prolungamento del preavviso.
COS’È IL PATTO DI STABILITÀ?
Il patto di stabilità è un patto atipico in quanto non espressamente disciplinato dal codice civile con il quale il datore di lavoro e il dipendente si impegnano a non recedere dal contratto per un determinato periodo di tempo.
Nulla vieta che l’impegno venga assunto solo dal datore di lavoro o solo dal lavoratore. Questa ipotesi è pacificamente ammessa nella prassi.
LA DURATA
Per quanto riguarda la durata del patto di stabilità non abbiamo una normativa a cui fare riferimento e la
Giurisprudenza non ha affermato un proprio orientamento consolidato sul tema, la dottrina invece rimanda al concetto di durata del contratto a termine, prevedendo una durata massima di 3 anni per gli impiegati, operai, quadri e di 5 anni per i dirigenti.
È possibile prevedere una durata superiore?
Partendo dal presupposto che non esiste una norma specifica che disciplina la durata del patto si può ipotizzare che le parti concordino un termine più lungo. In ogni caso, il termine deve essere certo, determinato e il patto dovrà quantificare un corrispettivo congruo e proporzionato alla limitazione subita dal dipendente.
IL PATTO DI STABILITÀ A TITOLO ONEROSO O A TITOLO GRATUITO
La giurisprudenza ha affermato che il patto di stabilità può essere a titolo gratuito quando il vincolo è assunto da entrambe le parti o prevedere un corrispettivo allorquando il dipendente è l’unico soggetto obbligato al rispetto del patto.
IL RECESSO IN COSTANZA DEL PATTO DI STABILITÀ
Il patto di stabilità sottoscritto dalle parti è valido ed efficace salvo:
– impossibilità sopravvenuta della prestazione;
– o giusta causa ai sensi dell’articolo 2119 del codice civile. Se il datore di lavoro o il lavoratore pone in essere delle condotte che configurano una giusta causa di risoluzione del rapporto, la stessa sorte seguirà il patto di stabilità.
CONSEGUENZE IN CASO DI RECESSO SENZA GIUSTA CAUSA
In assenza di giusta causa di risoluzione o in caso di dimissioni del lavoratore per giusta causa quest’ultimo potrà agire per ottenere il risarcimento dei danni subiti quantificabili nelle mensilità non percepite fino alla naturale scadenza del patto.
Mentre se il datore di lavoro subisce un recesso illegittimo da parte del dipendente potrà richiedere il pagamento della penale prevista all’interno del patto e il pagamento dei danni derivanti dall’eventuale investimento effettuato nella formazione della risorsa.
Dopo aver affrontato il tema del patto di stabilità è opportuno, a mio parere, per completare il quadro degli strumenti per la fidelizzazione del lavoratore, fare un breve cenno sul divieto di storno e il patto di prolungamento del preavviso.
Il patto di non concorrenza come già detto in premessa è stato affrontato nell’articolo dedicato.
IL DIVIETO DI STORNO
Il divieto di storno prevede che dopo la risoluzione il dipendente, ormai ex dipendente, non possa sottrarre al precedente datore di lavoro clienti o lavoratori, collaboratori etc. a vantaggio del nuovo datore di lavoro.
La clausola produce il suo effetto alla cessazione del rapporto e limita delle attività ontologicamente lecite salvo che la condotta configuri una violazione del patto di non concorrenza.
Il rapporto tra le diverse forme di fidelizzazione diventa sempre più stringente e nella mia esperienza mi capita spesso di leggere patti di non concorrenza in cui i datori di lavoro inseriscono queste clausole per rendere ancora più stringente il vincolo.
IL PATTO DI PROLUNGAMENTO DEL PREAVVISO
Con il patto di prolungamento del preavviso il lavoratore si impegna a rispettare un termine di preavviso in deroga ai contratti collettivi, termine ovviamente più lungo.
Questo patto può ritenersi valido solo nel caso in cui la contrattazione collettiva applicata al contratto di assunzione ammetta questa possibilità e il lavoratore percepisca un corrispettivo.
SUGGERIMENTO PRATICO
Quando il datore di lavoro propone delle clausole di questo tipo per fidelizzare la risorsa, il consiglio che dò al lavoratore è quello di rivolgersi al proprio legale di fiducia prima di sottoscrivere l’accordo.
Quest’ultimo potrà fornirvi un proprio parare preventivo ed esporvi nel dettaglio gli obblighi e i diritti derivanti dalla sottoscrizione.
Avvocato Francesca Del Duca
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