LA DOMANDA: STALKING RECIPROCO, SI CONFIGURA IN QUESTA CASO IL REATO?
Nell’articolo di oggi analizzeremo una recentissima pronuncia in tema di atti persecutori “Stalking”, emessa quest’estate in data 1 agosto 2023, che risponde precisamente alla nostra domanda (se vuoi maggiori informazioni su questo reato leggi l’articolo del nostro blog Stalking: il reato e le pene previste).
LA VICENDA
La pronuncia della Corte di Cassazione in commento, sentenza n. 33871/2023, prende in esame un caso del tutto particolare in cui entrambe le parti contrapposte nel procedimento, le parti offese e l’indagato, si accusano reciprocamente di aver subito dall’altra atti molesti, quindi un caso di Stalking reciproco.
In particolare, le persone offese risultavano a loro volta indagate per reati commessi in danno del soggetto sottoposto al procedimento penale che stiamo esaminando.
Con il ricorso proposto in Cassazione, l’indagato ha impugnato l’ordinanza con cui il Tribunale di Roma, decidendo quale giudice di appello ex art. 310 c.p.p., ha accolto l’impugnazione del Pubblico Ministero applicando nei suoi confronti la misura coercitiva del divieto di avvicinamento alle persone offese.
I MOTIVI DEL RICORSO
L’indagato ha fondato il proprio ricorso su tre diversi motivi di impugnazione.
In questa sede, eviteremo di analizzare i motivi di doglianza che attengono a questioni tecniche, ma ci concentreremo sul motivo di impugnazione che riguarda la valutazione delle prove offerte dall’indagato.
Con il secondo motivo di impugnazione, invero, l’indagato sostiene che il Tribunale avrebbe omesso di valutare i comportamenti posti in essere dalle persone offese a danno della sua persona ai fini della verifica della tenuta della fattispecie incriminatrice ascritta all’indagato.
In particolare, il ricorso ha inteso portare avanti il principio già espresso dalla Suprema Corte di Cassazione secondo cui la reciprocità dei comportamenti molesti escluderebbe la configurazione del reato di atti persecutori in quanto la situazione di parità in tal modo creatasi tra le parti farebbe venir meno quella situazione sbilanciata della vittima rispetto all’autore del fatto illecito (C. Cass., sentenza n. 42643/2013).
LE OSSERVAZIONI DELLA CORTE DI CASSAZIONE
Rispetto a quanto dedotto dal ricorrente, la Corte di Cassazione ha precisato che il principio di diritto richiamato dall’indagato, che sostiene la tesi della reciprocità paritaria per escludere la configurabilità del reato, parte proprio da un presupposto ineludibile che non può essere trascurato, ossia che la reciprocità dei comportamenti di per sé non esclude il reato di atti persecutori.
Secondo la stessa Corte di Cassazione, in tema di atti persecutori la reciprocità dei comportamenti non esclude il reato ove una delle parti assume un ruolo predominante nei confronti dell’altra – da valutare nel contesto di riferimento – tale da ingenerare nella stessa uno degli eventi tipici della fattispecie criminosa in argomento.
Nel concludere il ragionamento illustrato, la Corte ha infine evidenziato che per escludere la configurabilità del reato occorre dimostrare, da un canto, la inoffensività della asserita condotta persecutoria sulla psiche della persona offesa e, dall’altro, la capacità reattiva della stessa in termini anche di indipendenza, incompatibile con il concetto di stress enunciato dalla norma incriminatrice.
LA DECISIONE DELLA CORTE
Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che l’indagato non sia riuscito a provare tutte le sopra descritte circostanze idonee ad escludere il reato.
La stessa Corte ha precisato comunque che le circostanze rimesse al suo vaglio non possono essere valutate nel merito in tal sede.
Esula, infatti, dai poteri della Corte di Cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali.
Per tali ragioni, il ricorso, pertanto, è stato ritenuto dalla Corte inammissibile.
IN CONCLUSIONE
Le osservazioni svolte dalla Corte di Cassazione rispondono precisamente alla nostra domanda formulata all’inizio di questo articolo.
Essa, infatti, ha chiarito che la reciprocità dei comportamenti molesti non esclude di per sé la configurabilità del delitto di atti persecutori.
La Corte di Cassazione ha pertanto enunciato un principio di diritto che riassume efficacemente i concetti espressi: affinché la reciprocità dei comportamenti tra le parti possa assumere rilievo escludente la configurazione del reato di atti persecutori, le azioni/reazioni poste in essere dalle stesse reciprocamente devono svolgersi su un terreno paritario ove la capacità reattiva di ciascuna di esse si pone in termini di indipendenza, incompatibile con il concetto di stress enunciato dalla norma incriminatrice.
Avvocato Cristiano Galli
* * * * *
Se vuoi conoscere meglio i servizi offerti dallo Studio in questa materia visita la pagina Reati contro la persona.
Vuoi maggiori informazioni sulla configurabilità del reato di Stalking in caso di reciprocità dei comportamenti molesti? Contattaci e saremo lieti di rispondere alle tue domande.