Proviamo a rispondere a questa domanda: quali conseguenze legali può produrre l’abbandono del tetto coniugale?
Innanzitutto, è doveroso rilevare che a mente dell’art. 143 c.c., in seguito al matrimonio i coniugi acquisiscono numerosi diritti e doveri reciproci.
Tra i doveri menzionati dalla norma è ricompreso altresì il dovere di coabitazione.
L’abbandono volontario del tetto coniugale commesso da uno dei coniugi, senza il preventivo accordo con l’altro coniuge e senza la sussistenza di una giusta causa che possa giustificare l’allontanamento, costituisce senz’altro un comportamento illecito contrario ai doveri nascenti dal matrimonio.
Tale condotta produce inevitabilmente delle conseguenze sia in ambito civile che, in alcuni casi, anche penale.
Passiamo in rassegna le possibili conseguenze.
CONSEGUENZE CIVILI DELL’ABBANDONO DEL TETTO CONIUGALE
In ambito civile, l’abbandono del tetto coniugale, laddove venisse considerata dal giudice come una condotta tenuta dal coniuge in assenza di una giusta causa, può comportare l’addebito della separazione.
Per addebito della separazione si intende la pronuncia del giudice con la quale il medesimo dichiara, dopo aver effettuato gli opportuni accertamenti, che il fallimento dell’unione coniugale è stato determinato da un comportamento del coniuge che ha violato uno o più dei doveri matrimoniali nei confronti dell’altro.
Tale pronuncia produce due rilevanti conseguenze nei confronti del coniuge ritenuto colpevole:
- la perdita del diritto a ricevere l’assegno di mantenimento
- la perdita di ogni diritto ereditario nei confronti dell’altro coniuge.
Come indicato in premessa, tuttavia, vi sono delle cause che possono giustificare l’abbandono del tetto coniugale da parte di uno dei coniugi anche senza il preventivo accordo con l’altro coniuge.
Come ricordato in più occasioni dalla Suprema Corte di Cassazione il volontario abbandono del domicilio coniugale è causa di per sé sufficiente di addebito della separazione, in quanto porta all’impossibilità della convivenza, salvo che si provi – e l’onere incombe a chi ha posto in essere l’abbandono – che esso è stato determinato dal comportamento dell’altro coniuge, ovvero quando il suddetto abbandono sia intervenuto nel momento in cui l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza si sia già verificata, ed in conseguenza di tale fatto (si veda in tal senso Cass. sent. n. 17056/2007, Cass. sent. n. 12373/2005, Cass. sent. n. 10682/2000 e da ultimo Cass. sent. n. 648/2000).
Tra le giuste cause che possono giustificare l’abbandono volontario dalla casa coniugale, pertanto, sono senz’altro da annoverare: la violenza fisica, verbale o psicologica commessa da un coniuge nei confronti dell’altro coniuge, l’infedeltà dell’altro coniuge o anche l’esistenza di una crisi coniugale talmente grave da rendere non più tollerabile la convivenza dei coniugi sotto lo stesso tesso.
Un’ulteriore causa che può giustificare l’allontanamento volontario dalla casa coniugale è quella identificata dall’art. 146 c.c. a norma del quale “La proposizione della domanda di separazione o di annullamento o di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio costituisce giusta causa di allontanamento dalla residenza familiare.”.
CONSEGUENZE PENALI DELL’ABBANDONO DEL TETTO CONIUGALE
Passiamo ora a quelle che possono essere le conseguenze penali scaturenti dall’abbandono del tetto coniugale.
In ambito penale l’abbandono della residenza familiare potrebbe integrare il reato di cui all’art. 570 c.p. intitolato “Violazione degli obblighi di assistenza familiare” che punisce con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale, alla tutela legale o alla qualità di coniuge…”.
Dal tenore letterale della norma emerge chiaramente che la condotta punita non è l’allontanarsi dalla casa coniugale ma il sottrarsi agli obblighi assistenziali.
Pertanto, non sussiste reato nei casi in cui il soggetto che si è allontanamento momentaneamente dalla casa coniugale abbia comunicato all’altro coniuge la sua nuova dimora, oppure si sia reso reperibile e soprattutto abbia continuato a fornire i mezzi di assistenza morale ed economica alla propria famiglia.
Al contrario, potrebbe incorrere nel reato di cui all’art. 570 c.p. ad esempio chi, omettendo di pagare le rate del mutuo ipotecario stipulato dai coniugi per l’acquisto della casa coniugale, rischi di far perdere alla moglie e ai propri figli la casa in cui vivono.
Questo proprio perchè i mezzi di sussistenza di cui all’art. 570 comma 2, c.p., comprendono infatti quanto è necessario per la sopravvivenza e quindi in primo luogo l’alloggio (vedasi Cass. sent. n. 13900/2012 e Cass., Sez, Un., sent. n. 23866/2013).
IN CONCLUSIONE
Per tutti i motivi sopra illustrati, si consiglia di rivolgersi sempre ad un professionista che possa aiutare il cliente a gestire questo delicato passaggio.
E ciò proprio al fine di scongiurare il possibile rischio di commettere eventuali illeciti che potrebbero produrre conseguenze esiziali in sede processuale.
Avv. Cristiano Galli
Se vuoi conoscere meglio i servizi offerti dallo Studio in questa materia visita la pagina Diritto di famiglia e delle successioni e Reati contro la persona.
Vuoi maggiori informazioni sulle conseguenze legali derivanti dall’abbandono del tetto coniugale? Contattaci per maggiori informazioni.